A volte la poesia si mangia
Anche se dir mangiare è un profanar di tempio:
ha un suono troppo forte e di prosaico accento
Dire gustare, invece, è troppo poco,
non rende la cattura del palato,
il rapimento ,l’estasi ,l’incanto,
che ti conduce in luoghi d’altro luogo.
Seguono gli occhi un chiaro scuro
d ‘invitante aspetto
ossimoro di luce per i denti
che già pregustano, guardando
Pregustano l’affondo in un croccare
di meraviglia fragile e severa
come uno scrigno che s’offre al primo assalto
per farti dono d’una primavera.
Candida,morbida,sensuale,
sotto una neve di zucchero velato,
la crema di ricotta assedia il tuo palato
che presto cede a tanta voluttà di vezzi
condita di canditi e cioccolato a pezzi
Le labbra s’innamorano
del dolce ammiccamento
indugiano al velluto del contatto
restando per un attimo sospese
a meditarne il magico momento.
Dolce contrasto tra la scorza e il cuore
che solo in bocca trova la ragione,
ricomponendo, nello svelamento,
disegni arcani d’un dio, figlio del vento
che un palpito segreto condusse qui fra noi.
Poi, anche l’udito al volo s’abbandona:
carezza da sentire di note diseguali
Sente il fruscio, impalpabile e invitante,
della crema ,come il sussurro d’una seta
e il crepitare d’involucro croccante
come gioioso verso da fiaba per bambini.
Così, quasi un’ orchestra che governa i suoni
per regalarti splendide armonie,
questi contrasti ti portano lontano
..E plani sul pianeta del cannolo siciliano.
Dedicata a gipictus , alla sacerdotessa, a Neli
a tutti i golosi e a quelli che non lo sono ma che lo diventeranno.